12 set 2022
Gomito del tennista, epicondilite laterale; traumatologia e riabilitazione
L’epicondilite o gomito del tennista è una condizione infiammatoria a carico dell’epicondilo laterale del gomito che interessa prevalentemente l’inserzione prossimale di due gruppi muscolari: l’estensore radiale breve del carpo e l’estensore comune delle dita.
L’epicondilite laterale in termini epidemiologici, ha un’incidenza dell’1-3 % sulla popolazione con prevalenza negli adulti (35-55 anni). Ne sono vittima principalmente gli sportivi soprattutto amatoriali e la classe dei lavoratori manuali; in particolar modo mestieri particolarmente impegnativi dal punto di vista fisico, che mettono sotto stress l’arto superiore in termini di estensione e supinazione del braccio.
Dal punto di vista eziopatogenetico l’epicondilite è considerata una sindrome multifattoriale ma con prevalenza meccanica poichè è classificabile tra le patologia da “overuse”. Ovviamente può presentarsi anche come sintomatologia dovuta a problematiche con causa rintracciabile altrove, cervico brachialgia, sindrome da tunnel carpale, disfunzioni di stretto toracico, problematiche di spalla ecc…
Come spesso accade vi sono dei fattori predisponenti l’insorgere dell’epicondilite:
Senescenza fisiologica dei tendini dopo i 35-40 anni;
Discinesia muscolare a livello dell’arto superiore;
Carichi di lavoro eccessivi;
Mancata tecnica nel gesto specifico (caso per lo più sportivo);
Posture errate.
Se ci riferiamo all’ambito sportivo e quindi nel tennis o nel padel, questa condizione spiacevole avviene soprattutto negli amatoriali in seguito ad una preparazione atletica non adeguata e quindi ad una discinesia di trofismo e in termini di lunghezza delle fibre muscolari estensorie e flessorie della mano. Inoltre la ripetizione di un gesto tecnico approssimativo può essere causa di tendinopatia; per esempio un rovescio ritardato (polso maggiormente flesso) porta in eccessiva contrazione eccentrica gli estensori rispetto ad un gesto tecnico che avviene in maniera corretta nei tempi di esecuzione.
Nell’ambito sport-specifico diventa fondamentale la corretta impugnatura e la corretta tensione delle corde che determina la modalità di ammortizzazione della pallina nell’impatto e quindi l’entropia trasferita al braccio
Dal punto di vista clinico i sintomi sono riferibili ad algia sulla porzione laterale dell’avambraccio che aumentano nei movimenti di supinazione ed estensione con conseguente perdita di erogazione di forza anche nei movimenti quotidiani (versare l’acqua, scrivere impugnare). Inoltre la sensazione dolorosa si manifesta anche in flessioni di polso passive.
A livello di segni, l’epicondilite si può manifestare con tumefazione e dolore al tatto nella zona laterale del gomito (epicondilo), trigger point ed indurimento della porzione estensoria relativa alla membrana interossea dell’avambraccio.
In termini di semeiotica vi sono dei test valevoli per diagnosticare un’epicondilite e sono il Test di Cozen; Manovra di Millis; Test di Maudsley.
Come in ogni stato infiammatorio più o meno acuto vi è una classificazione in funzione dell’intensità in cui esso si presenta. L’epicondilite infatti può manifestarsi con una semplice infiammazione senza lesioni nelle forme più lievi fino ad arrivare a vere e proprie fibrosi e calcificazioni. Solo il 5-10% dei casi richiede un trattamento chirurgico.
Per disturbi di natura cronica (parliamo dunque di epicondilosi) si è visto a più riprese l’importanza e l’efficacia in termini di miglioramento dal dolore, dell’esercizio in contrazione eccentrica dei muscoli estensori del polso.
L’iter riabilitativo, per problematiche legate ad epicondilite, varia in tempi ed intensità in funzione dello stadio. In linea generale prevede una prima fase di riduzione della flogosi e del dolore per mezzo di protocollo RICE e riposo attivo.
La riduzione dell’infiammazione in fase acuta è coadiuvata dall’utilizzo di terapia strumentale. Se necessario si utilizza ortesi con l’intento di mantenere in neutralità l’articolazione del gomito e/o del polso. In una fase iniziale, valutando sempre lo stato del paziente, vi è l’intervento del terapista che utilizzerà tecniche di drenaggio e mobilizzazione prima delle articolazioni di spalla e polso e poi se possibile della porzione sintomatologica. Terapie aggiuntive come applicazione di taping neuromuscolare hanno dimostrato di fornire un sostanziale sollievo dal dolore iniziale. La fase riabilitativa prevede inoltre degli esercizi di mobilità attiva in termini di allungamento delle catene muscolari ed in termini di esercizi propriocettivi.
Una seconda fase prevede il recupero della forza e della coordinazione mantenendo la neutralità dell’articolazione e rispettando la teoria dei carichi progressivi. Un’ultima fase consiste nel potenziamento muscolare, si predilige l’eccentrico ed il pliometrico per questioni di reclutamento di fibre muscolari. Infine nella fase prettamente di riatletizzazione il focus sarà incentrato sul recupero gesto sport specifico. Uno studio dimostra come un lavoro eccentrico e di stretching, porta, in buona percentuale, a miglioramenti importanti in termini di dolore; in particolar modo si predilige la contrazione eccentrica allo stretching.
Conclusioni
Ricordiamo che ogni tipologia di infortunio deve avere un piano strettamente individualizzato poiché la condizione generale di ogni paziente varia. Questo inoltre deve essere prerogativa di un trattamento specifico anche perché la causa dell’epicondilite non sempre è di natura traumatica. Spesso essa si manifesta per disfunzioni a carico di altri distretti come spalla, tratto cervicale, radicolopatia C5, C6, o polso.
Di conseguenza, per questa patogenesi, attuare una terapia esclusivamente sintomatologica nella zona del gomito senza ricercare la causa potrebbe non essere sufficiente e potrebbe portare a recidive. Ricordiamo che, soprattutto in ambito sportivo, seguire un protocollo di lavoro preventivo mirato in termini di stretching e rinforzo sinergico, specifico risulta estremamente efficace.
A cura del Dr. Matteo Gismondi
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