17 lug 2022
LA BIOMECCANICA DELLO STILE RANA: LA SINERGIA DI SPINTA TRA BRACCIA-GAMBE
Il Nuoto è un’attività motoria che presenta caratteristiche diverse rispetto agli altri sport. A causa delle caratteristiche peculiari dell’acqua, le resistenze all’avanzamento sono di circa 800 volte superiori rispetto all’aria e all’efficienza metabolica impiegata, che si traduce nell’energia impiegata per la propulsione rispetto a quella che viene dispersa è molto bassa rispetto agli altri sport terrestri e varia in modo importante tra nuotatori scarsi e di alto livello. Per quanto riguarda l’avanzamento possiamo dire che è influenzato molto dal galleggiamento, dalle resistenze attive e passive (drag) e in particolare dalla capacità di applicare forza riducendo al massimo la retropulsione dell’acqua. La propulsione invece beneficia del movimento degli arti superiori e inferiori che utilizzano i muscoli del tronco che sono il vero motore. Il corpo inoltre avanza configurandosi in geometrie progressivamente diverse durante ogni fase del ciclo di nuotata e con applicazioni di forza sempre diverse per entità e per modalità, provocando conseguente complessi movimenti del fluido in cui è immerso.
In tema di nuotata a Rana, dobbiamo sottolineare come il regolamento tecnico abbia subito modifiche frequenti determinando nella stessa, una costante e progressiva evoluzione. La liberalizzazione dell’immersione del capo, che prima non poteva essere abbassato completamento sotto il livello dell’acqua, ha permesso un intervento del tronco maggiore ed ha così consentito una nuotata molto più vicina a quella del delfino. Prima di questo epocale cambiamento, nella propulsione della nuotata a rana, era predominante l’efficacia della sola gambata, ai nostri tempi invece esistono moltissimi ranisti che nuotano per il 70% di braccia e il 30 % di gambe.
I frequenti cambi di regolamento e le numerose differenze tecniche, hanno dato origine a diversi punti di vista e ipotesi su quale sia la tecnica più efficace. Risulta quindi abbastanza complicato trovare un punto di incontro sull’interpretazione ideale della nuotata. Quello che invece risulta chiaro è che la nuotata a rana presenta un’importante componente coordinativa e l’efficienza maggiore la si ottiene quando la spinta delle gambe è in sinergia con quella della fase propulsiva delle braccia, è quindi richiesta una completa sincronia tra i movimenti degli arti superiori e quelli degli arti inferiori.
In linea generale è possibile affermare che il recupero delle braccia, appena terminata la fase propulsiva, deve iniziare unitamente a quello delle gambe.
I velocisti, nelle gare dei 50m, tendono ad effettuare il colpo di gambe sovrapponendolo alla fase finale del recupero delle braccia, mentre nelle gare dei 200m la tendenza è quella di rendere la nuotata molto simile allo stile defino, distanziando la gambata dal completo recupero delle braccia, che si distenderanno unitamente al capo, per scivolare in posizione di allungamento e affusolamento, e sfruttare al meglio la spinta e l’efficienza della gambata.
Nella rana la bracciata, come in tutti gli altri stili, prevede una fase propulsiva e una di recupero. La fase propulsiva della bracciata inizia dalla posizione di massimo allungamento, oltre il capo, delle spalle e delle braccia. La prima metà della fase propulsiva consta di una trazione molto simile a quella dello stile libero e del delfino. Nella seconda metà della trazione, la potente contrazione del grande pettorale e del grande dorsale, porta le braccia e le mani oltre la linea trasversale del corpo, completando la fase propulsiva. Le forze prodotte nella fase finale predetta consentono di spingere il tronco in avanti.
Quest’ultimo movimento consente alla testa e alle spalle del nuotatore di emergere dall’acqua. La flessione e la rotazione del gomito congiungono le mani sulla linea mediana del corpo, e segnano la transizione alla fase di recupero delle braccia.
Quest’ultimo deve essere molto rapido in quanto la posizione in flessione della coscia sul tronco (relativamente limitata nei nuotatori di alto livello), e della gamba sulla coscia comporta un aumento delle resistenze all’avanzamento. È questo il motivo per il quale i movimenti di flessione dell’arto inferiore sono parziali. A questi movimenti si somma nella fase finale del recupero l’intrarotazione della coscia, la consensuale abduzione della gamba e la flessione dorsale con extrarotazione del piede.
Nella fase propulsiva, viene effettuata l’estensione e l’extrarotazione della coscia, l’estensione con traiettoria laterale della gamba mantenendo addotte le cosce, rotazione interna della gamba e contemporaneamente inversione ed estensione plantare del piede con applicazione della forza propulsiva sulla superficie mediale della gamba e del piede e parzialmente sulla pianta del piede.
I fini propulsivi è necessario che l’estensione della gamba sulla coscia avvenga con traiettoria ellittica esterna.
Un concetto muscolare importante da sottolineare è la trasduzione laterale della gamba a cosce addotte o semi addotte, che impegna isometricamente o con movimento in modesta adduzione ma con alta applicazione di forza i muscoli adduttori della coscia. Questo avviene in quanto le cosce rimangono in adduzione o semi adduzione già durante la fase di recupero.
A cura di Umberto Menechini
Corso Istruttore di Nuoto 1°livello
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