L’industria del benessere, ha piegato la Ginnastica ad un inutile “modernismo”, dirottando l’uso dei movimenti, dalla funzione reale ad una sterile cosmesi. La maggior parte di noi ha seguito un’onda operativa “diffusa”, utilizzando un approccio selettivo, basato su di una analisi strutturale particolare, tanto immediata e potente da alimentare e perpetuare squilibri, amnesie e asincronie muscolari. In altre parole, ci siamo “chiusi”, riducendo la nostra capacità di resistere alla gravità e alla variabili destabilizzanti che lo “stare sulla terra” ci impone. Il risultato? Iperattività di flessori, adduttori e rotatori interni dell’anca; pronatori della mano e del piede; intrarotatori della spalla; abbassatori della mandibola; e elevatori del cingolo scapolare; il tutto contrapposto a inibizione di estensori, abduttori e rotatori esterni dell’anca; supinatori della mano e del piede; extrarotatori della spalla; abbassatori della mandibola; e depressori del cingolo scapolare.
Attratti dalla novità, ci siamo dimenticati che l’approccio selettivo, frammentando e compartimentalizzando, può:
ridurre la complessità di un intervento di per se indivisibile;
annullare le azioni motrici sinergiche di agonisti e antagonisti
azzerare le afferenze propriocettive;
trascurare le capacità neutralizzatrici e stabilizzatrici di singoli muscoli e di gruppi muscolari;
alterare il timing di attivazione muscolare;
interrompe l’attivazione sequenziale della catena cinetica.
La funzione primaria dell’essere umano è la vita di relazione. La vita di relazione è sottoposta a superare o neutralizzare la forza di gravità in una situazione di “oscillazione” posturale. Relazionarsi con le persone e con le cose, proiettando i propri movimenti verso se stessi o l’esterno; attivare sequenze motorie finalizzate al conseguimento di un obiettivo, mantenendo il controllo sulla propria area di confort; tutto questo è FUNZIONE.
E la FUNZIONE relazionale, quotidiana, occupazionale o sportiva, altro non è che il prodotto della CATENA CINETICA, o meglio, dalla coordinata, successiva e sequenziale attivazione di segmenti interconnessi e interdipendenti che concorrono a collocare il segmento più lontano (mano, piede, testa) nella posizione richiesta, alla velocità necessaria, con il timing adeguato al conseguimento dell’obiettivo imposto.
La Teoria Funzionale non è nata ipso facto, ma si è plasmata dalla diffusione di un pensiero complessivo, e via via si è arricchita di contributi diversi. Una teoria che è intervenuta a definire l’attuale orientamento nel campo dell’allenamento, ristabilendo i giusti rapporti tra movimento reale ed esercizio ideale, tra esercizio artificiale e movimento naturale. Le chiavi dell’allenamento sono l’integrazione (allenare l’interdipendenza delle azioni muscolari e non la loro indipendenza), il controllo neuromuscolare (feed back – feed forward), l’opposizione alla gravità (one/two legged stance), il dominio sul proprio peso corporeo, la multidimensionalità, le forze reattive esercitate sul e dal terreno, le coppie di forza (momento), l’accelerazione e la decelerazione di segmenti posti sulla stessa linea cinetica, la generazione e l’assorbimento di forze, il rapporto mente corpo.
Le premesse dell’allenamento al movimento
”Il corpo funziona come una catena cinetica” (Noth J. 1992) e come tale il comportamento del corpo nel suo insieme (analisi integrata) non può corrispondere al comportamento della somma delle sue parti (analisi meccanicistica). Nella realtà siamo forti … quanto l’anello più debole della catena (Gambetta & Gray, 1995); e dal momento che gli anelli della catena sono connessi da links funzionali, il più semplice movimento distrettuale è il risultato di un’attivazione “lontana” che ha effetti diffusi su tutte le aree.
”Il cervello pensa in termini di movimento e non di muscoli” (K.Bobath). L’accensione di una sequenza cinetica dipende dal programma motorio. Il programma motorio è considerato come un set di controllo prestrutturato che contiene i patterns di contrazioni e decontrazioni muscolari che definiscono il movimento (Adams 1987), determinando quali muscoli contrarre, in quale ordine, con quale forza, e per quanto tempo (Schmidt 1976).
“Isolare una componente motoria, interrompe la catena cinetica; integrare più componenti migliora il trasferimento del carico e la trasmissione di informazioni all’interno del sistema” (Noth J., 1992). “Il fatto che un muscolo in una determinata situazione riesca a esercitare una determinata forza non è garanzia che il corpo sia in grado di usare quella forza in tutte le situazioni” (Perfetti, 1988).La chiave dell’Allenamento Funzionale è l’integrazione. Insegnare a tutti i muscoli a lavorare insieme piuttosto che separatamente. (Roskopf, 2005).
Gli obiettivi
Il primo obiettivo dell’allenamento funzionale è NON dimenticare i movimenti fondamentali (rotolarsi/rolling, accovacciarsi/squatting, allungarsi compiendo un passo/lunging, flettere ed estendere la schiena all’altezza dei fianchi/bending, girarsi compiendo una rotazione/twisting, spingere/pushing, tirare/pulling, spostarsi usando qualunque schema locomotorio/gait).
Il secondo obiettivo è quello di ALLENARE il proprio corpo usando schemi combinati, risultanti dall’unione di due o più movimenti fondamentali (alzare, abbassare, prendere, raggiungere, trasportare, spostare, evitare).
Il terzo obiettivo è quello PREPARARE la persona al Movimento Reale, stabilendo un percorso che passi dall’Orizzontalità alla Verticalità, dall’appoggio quadri podalico al monopodalico, con l’intento di ristabilire una sequenza di apprendimento (Motor Re-Learning) tipica delle tappe di acquisizione neo natale.
Il quarto obiettivo è quello di stabilizzare i miglioramenti acquisiti in un movimento, per poi trasferirli ad un movimento o a più movimenti che abbiano affinità, attiguità e contiguità gestuale, stabilendo un continuum motorio che ci guidi dal semplice al complesso, dal più noto al meno noto (p.es. da “Squat” a “Snatch” e a “Clean & Jerk”).
Quindi. Movimenti che consideriamo tecnici , p.es. “Snatch” o “Clean & Jerk”, sono il risultato di un puzzle motorio. Le tessere del puzzle sono movimenti fondamentali. Dallo squatting (Air, Front e Overhead Squat) al bending (Deadlift) , al pulling (High Pull), al pushing (Push Press), al lunge (Jerk). Ricomporre il puzzle significa, in termini funzionali, “ABILITARE” un movimento il cui scopo è quello di prendere un oggetto da terra, sollevarlo, portarlo all’altezza delle spalle per poi alzarlo sopra la testa. Il tutto pre attivando i tre centri di stabilizzazione (Core, Scapula & Hip Complex).
A cura di Dr. Dario Pompa
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